Pure io ho un barboncino. E non posso negare che qualche settimana fa mi sono preoccupata, quando ho letto una prima notizia che vedeva il malcapitato quadrupede a bordo di un gommone di migranti. Poi, con il passare delle ore, mi sono resa fortunatamente conto che era stato trattato bene e trovato assieme a persone di origine tunisina in tenuta da spiaggia e occhiali da sole di ottima fattura. Su questo episodio se ne sono dette di tutti i colori, ma pensandoci bene, lascia perplessi assistere a scene di questo genere, pensando ai costi umani e non solo affrontati dal nostro Paese nell’accoglienza.
Da italiana sono in prima fila a pagare le tasse consentendo con una parte dei miei contributi ad aiutare chi ha bisogno, anche se ormai mi sembra che questo sia un discorso di cui in molti si approfittano. L’Unione Europea non ci è vicina, lascia che dal mare e da terra lungo la rotta Balcanica migliaia di persone rischino la propria vita per raggiungere l’Italia, provenienti da Paesi con cui noi abbiamo avuto ben poco a che fare. Tra i migranti c’è chi conosce il francese, l’inglese, anche il tedesco o altre lingue del Vecchio Continente, perché proviene da Nazioni di recente indipendenza nei cui territori il colonialismo europeo ha fatto il bello e il cattivo tempo.
Francia, Inghilterra, Germania, Spagna e Belgio, ad esempio, hanno tratto notevoli ricchezze dall’Africa o dal Medio Oriente, lasciando però “terra bruciata” dal punto di vista socio-economico. Non lo dico io, ma lo dimostrano i fatti e quanto sta accadendo. Diciamo che la colpa di quanto sta succedendo non si può di certo imputare all’Italia, che però si trova in prima fila a gestire con le proprie risorse umane e finanziarie un problema per la cui soluzione servono tutti gli Stati dell’Ue. Eravamo in prima linea dopo il disgregamento ad Est dei Paesi che facevano parte dell’ex blocco comunista, pagando sul confine nordorientale una concorrenza economica che ha penalizzato imprese e cittadini. Siamo ora di nuovo in prima linea per aiutare persone che arrivano dicendo Bonjour o Good Morning e non Buongiorno, con la consapevolezza che queste lingue fanno parte di una storicità legata al colonialismo, senza che nessuno si faccia avanti per accoglierli.
L’Inghilterra, poi, che ne ha fatte di tutti i colori, ora se ne lava per bene le mani, anche se va detto che non sono da meno gli altri “comunitari” che non hanno neppure la scusa della Bexit.