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Il Presidente Usa Joe Biden e la moglie

Biden presidente: cosa cambia per l’Europa “preda” della Cina?

Joe Biden è il 46° presidente degli Stati Uniti d’America. Dal discorso di inaugurazione abbiamo subito capito che rispetto ai quattro anni di Trump i toni cambieranno. Ci si appresta a confrontarsi con un Presidente con una narrativa più soft, una comunicazione studiata, probabilmente un uso dei social media meno ‘personale’ e delle politiche più inclusive.

I leader europei hanno tutti twittato la loro gioia per vedere Biden nello studio ovale con la vice Kamala Harris al suo fianco. Opinionisti in ogni televisione esultano e parlano di un nuovo inizio per le relazioni Ue-Usa e definiscono Biden un filo-europeo. Ma cosa cambierà veramente per noi europei?

Innanzitutto bisogna chiarire che il Presidente Usa conta meno di quello che si pensi. Negli Stati Uniti il cosiddetto ‘deepstate’ – lo ‘Stato profondo’ – conta. E molto. Come durante le precedenti amministrazioni, anche durante l’amministrazione Biden, gli Usa cercheranno di conservare la loro egemonia commerciale, militare e politica. Per farlo l’Europa giocherà indubbiamente un ruolo fondamentale.

La strategia statunitense nei confronti dell’Europa è quella di evitare che un solo Stato possa controllare il continente più importante del pianeta. L’unico Paese che può avere questa velleità nella storia moderna è solo la Germania ed è proprio per scongiurare questa eventualità, gli Stati Uniti già combatterono due guerre mondiali e una guerra fredda. Ai tempi di Obama, dalle parti di Washington si era capito che la Repubblica Federale tedesca era diventata troppo potente sia da un punto di vista economico sia politico, con il controllo (almeno parziale) di Berlino sulle Istituzioni europee.

Ecco perché è importante ascoltare le prime parole del neo Segretario di Stato Antony Blinken che ha parlato di possibili sanzioni
alla Germania qualora continuasse il gasdotto Nord Stream 2 e ha subito bocciato l’accordo commerciale tra Ue e Cina sugli
investimenti.

Per quanto riguarda il primo punto, è la continuazione della strategia a stelle e strisce che cerca di mantenere sempre ben separate la Germania dalla Russia poiché una vera minaccia per gli Usa potrebbe provenire dalla nascita (molto astratta per il momento ma pur sempre presente) di un polo Eurasiatico. Mentre per quanto riguarda la Cina, gli Stati Uniti non hanno intenzione – e meno male – di lasciare che Pechino possa aumentare la sua influenza in un continente strategico geopoliticamente come l’Europa.

Questa la strategia Usa sin dai tempi di Obama (se non prima). Tutti però ce ne siamo resi conto con Trump per i suoi modi bruschi, per voler sempre alzare la tensione e per gli attacchi diretti all’Unione europea (per essere onesti, ‘the Donald’ si rivolgeva più alla Germania della Cancelliera Merkel che alla Commissione europea di Ursula von der Leyen).

Ora, chiunque si aspetti con Biden un cambio di rotta nella strategia sbaglia. Questi rimarranno i pilastri portanti nei rapporti tra Usa e Europa ma cambieranno i toni, cambierà la narrazione. Biden professerà simpatia con Bruxelles, si dichiarerà multilateralista ma gli apparati vicini al nuovo presidente Usa continueranno a lavorare per gli obiettivi sopracitati.

Questo decreta anche il fallimento totale della strategia comunicativa di Trump. Attacchi diretti, spesso sgarbati e diplomaticamente poco graditi non hanno fatto altro che stimolare qualche leader europeo a cercare di staccarsi da Washington e
promuovere una maggiore autonomia europea (tentativo mal riuscito dell’asse franco-tedesco escludendo l’Italia). Vi ricordate, ad
esempio, le frasi del Presidente francese Macron che definiva la NATO in ‘morte celebrare’?

Ecco perché se da un lato ci si può dichiarare contenti dell’uscita di scena di Trump, dall’altro bisogna analizzare attentamente quali sono (e saranno) le politiche reali statunitensi scevre da una retorica comunicativa più attraente. È necessaria questa analisi specialmente in Italia, Paese che può riscoprire nel rilancio dei rapporti transatlantici quel ruolo fondamentale attribuito a Roma dal Patto Atlantico per poter difendere in maniera più solida i propri interessi nazionali in politica estera.

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