A chi è diretto e a chi conviene questo accordo storico siglato tra Italia e Francia?
Andiamo con ordine e cerchiamo di andare oltre una certa retorica che circonda la firma del cosiddetto “Trattato del Quirinale”.
Partiamo dal presupposto che i rapporti tra Italia e Francia non erano mai stati così tesi dalla fine della seconda guerra mondiale.
Nel 2011, la Francia di Sarkozy aveva puntato alla detronizzazione di Gheddaffi in Libia, nostro principale alleato. La stessa Francia, sempre in Libia, poi si era schierata contro il governo di al-Serraj, supportato dalla comunità internazionale e dall’Italia, preferendo l’uomo forte della Cirenaica Haftar, sempre per contrastare gli interessi italiani – e soprattutto dell’Eni – nella nostra (ormai ex) quarta sponda.
Anche in tema industriale, i cugini d’oltralpe avevano intrapreso azioni ostili nei confronti di alcuni nostri assett strategici nazionali. Come dimenticare le operazioni d’acquisto delle società di telecomunicazioni, moda, alimentare, oppure veti ad
operazioni nel settore della difesa (ricordiamo il mancato accordo tra i cantieri St. Nazaire e Fincantieri).
Uno scontro che non vedeva una facile soluzione. Una crisi che aveva acceso gli animi e spinto alcuni politici anche a cavalcare il malcontento popolare (ricordiamoci l’incontro tra Di Maio e i leader dei ‘gillet gialli’ provocando il richiamo dell’ambasciatore
francese a Roma).
Ma allora cosa è cambiato?
Nel frattempo però vi sono stati numerosi fallimenti dell’Unione europea, inadeguata a trovare una linea comune in politica estera, incapace a rispondere alle minacce di Erdogan e Lukashenko in tema di immigrazione, trasparente quando si è trattato di agevolare la creazione di sistemi integrati industriali europei.
Inoltre, in Germania – prima potenza economica europea e vero e proprio centro di potere dell’Unione europea – è finita l’era Merkel e un nuovo governo si è formato con tutte le incognite e gli interrogativi del caso. Ed è così che con una persona con una credibilità internazionale come Mario Draghi e con una spinta decisiva da parte del Quirinale, si è tornati sull’idea del Presidente francese Macron, ovvero di siglare un accordo bilaterale al fine di dare un messaggio forte ad altri attori geopolitici dello scacchiere internazionale e collaborare al perseguimento dei propri interessi nazionali.
Cosa succede ora? Aspettando di leggere i dettagli del Trattato, si possono già delineare gli effetti principali dell’accordo.
Diplomazia parallela
Si crea una sorta di diplomazia parallela a quella dell’Ue. Con l’istituzione di un comitato permanente per un confronto costante al fine di prendere delle posizioni comuni su politiche industriali, di difesa, economiche di fatto si va a bypassare ilsistema dei veti incrociati comunitari e si può arrivare ai tavoli negoziali a Bruxelles con una posizione più forte.
Stati Uniti e Cina
Ciò non può dispiacere ai nostri principali partner, gli Stati Uniti d’America, che anzi vedono in questa nuova coalizione un alleato per contenere la Germania che guarda troppo ad oriente e, anche nell’accordo per il nuovo governo tedesco, si è dimostrata troppo morbida nei confronti di Pechino, avversario geopolitico numero uno di Washington.
Austerity
Con il nuovo governo tedesco, vi è un rischio di pressioni sempre maggiori per un ritorno all’austerity. Ecco che l’alleanza tra i due Paesi, che mal digeriscono il ritorno alla rigidità fiscale dei ‘frugali’, possa essere intesa anche come strumento per arginare o almeno contenere queste pressioni nei vari consessi di Bruxelles.
Transizione ecologica e nucleare
Rimanendo dalle parti di Berlino, nel nuovo governo tedesco vi è un’importante componente dei Verdi, acerrimi nemici del nucleare. Energia individuata – sicuramente da Parigi, probabilmente anche da Roma – come alternativa per il perseguimento alla neutralità climatica e all’uscita graduale del carbone.
Turchia
Con gli Stati Uniti che non vogliono disturbare troppo Ankara – utile al contenimento della Russia in Libia e nel Mar Nero – Roma vede in Parigi un importante alleato per contrastare le mire espansionistiche di Erdogan in Libia e nei Balcani, altra area sui cui è necessario che l’Italia eserciti un’influenza per ottenere quella profondità strategica necessaria per difendere i nostri interessi nazionali.
Sfera di influenza
Certo, vi sono dei vantaggi ma è necessario monitorare la collaborazione onde evitare di cadere all’interno della sfera di influenza francese. Ma su questo è proprio l’autorevolezza internazionale di Mario Draghi che deve fare tutto il necessario affinchè questo non accada.