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Riaprono i confini in un’Europa che ha dimenticato se stessa

Ciao Europa, sono sempre io, tu non mi rispondi ma io ti scrivo di nuovo. Dall’alto dei tuoi poteri, te lo chiedo a cuore aperto, trasforma la “prenotazione alberghiera” necessaria a noi italiani per andare in Slovenia e Croazia in “prenotazione al ristorante e pieno di benzina o gasolio”.

Così saresti più equa e ritorneresti a noi genti del Friuli Venezia Giulia un pizzico di dignità. Hai tanto voluto Schengen, lo hai fatto accettare a tutti i Paesi europei e adesso hai consentito l’innalzamento delle barriere per i cittadini dello stivale. Vuoi proprio che il Bel Paese basti a sè stesso?

Guarda, cara Europa, serve davvero poco, quasi non ci manca nulla per essere autosufficienti tutto l’anno. Gli italiani, forse da ingenui, fin dall’inizio hanno concepito l’Unione Europea come una vera unione, quasi matrimoniale, “nella salute e nella malattia”. Così l’abbiamo interpretata e applicata nel passato verso gli Stati che avevano maggior necessità di aiuto per uscire dalla loro precarietà socio-economica. Invece, proprio ora che ne avevamo bisogno, mentre stiamo guarendo da un’emergenza sanitaria che non ha eguali nel secondo dopoguerra, ci hai lasciato da soli.

Viviamo il presagio del 15 giugno come una data miracolosa in cui forse per quelli del Nord Est verranno riaperti i confini con Austria, la Slovenia e la Croazia. Mentre ora, vista la solita generosità italica, non ci sono barriere per chi arriva nella terra del tricolore da ogni parte del Vecchio Continente. C’è stata l’inversione della storia. Un tempo, soprattutto ad Est, i confini erano meno permeabili per chi giungeva da quei Paesi, ora è il contrario.

L’Unione Europea ha fatto la magia, attendendo le scelte autonome degli Stati con riaperture dei confini tutt’altro che ispirate al principio della reciprocità del diritto internazionale. Ti sei astenuta dall’ intervenire, perchè? Sei sempre prodiga di interventi quando fai la Maestra e ci insegni quello che l’Italia deve o non deve fare in molti, forse troppi settori, al punto da mettere in difficoltà, se non proprio in crisi, vari comparti produttivi. E questo, cara Ue, ci fa proprio incavolare.

Ora, cara Europa, tu servi all’Italia. Non devi fare molto, è sufficiente che tu apra le tue casse e ritorni a noi tutti una piccola parte di quello che da oltre sess’antanni ti abbiamo versato, mettendo fine a proclami di miliardi di aiuti e prestiti che ci hanno fatto girare la testa e ci hanno resi momentaneamente ebbri per la felicità. Purtroppo, ormai, passata l’euforia ci rimane solo un gran mal di testa.

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