È stato indubbiamente uno dei dibattiti più accessi ma allo stesso tempo meno interessanti delle ultime tornate elettorali. Tra Donald Trump e Joe Biden sono volate parole grosse e gli insulti non sono mancati. Non è un caso: la situazione politica negli Stati Unite è talmente agitata che i due rivali per la Casa Bianca hanno rappresentato questa tensione anche sul ring del giornalista di Fox News Chris Wallace a Cleveland, nell’Ohio, swing state per eccellenza.
Colpi sotto la cintura hanno fatto sì che la maggior parte dei commentatori statunitensi non abbiano decretato il vincitore del
dibattito ma vi sia stata quasi l’unanimità delle considerazioni in quanto “uno dei dibattiti più brutti e rissosi di sempre”. Da un lato il Trump che siamo abituati a vedere. Aggressivo, all’attacco ma forse più nervoso del solito. Dall’altro forse l’unica piccola sorpresa e non è una bella notizia per Trump: “sleepy Joe”, come il tycoon americano lo ha soprannominato, si è rivelato meno “sleepy” di quello che ci si immaginava.
La narrativa trumpiana in cui Biden sarebbe un anziano affetto da demenza senile è stata smentita. Il candidato democratico è riuscito a tenere testa agli attacchi di Trump e a rispondergli anche con qualche battuta. Certo, tutto si può dire di Biden tranne che sia in una forma fisica e psicologica smagliante, ma ora ha costretto i sostenitori di Trump a cambiare la loro narrativa principale o meglio, a non puntare solo su quella.
Trump è stato attaccato sui suoi punti più vulnerabili come la gestione della pandemia da Covid-19 e il pagamento delle tasse. Biden invece è stato attaccato sulla questione dell’ordine pubblico. Trump ha sviato alla chiara domanda di Wallace se intendesse condannare i suprematisti bianchi, rilanciando che le maggiori colpe per le violenze degli scorsi mesi devono essere attribuite agli
Antifa e ai radicali di sinistra che sostengono Biden. Le tensioni sono continuate quando Trump ha sollevato dubbi sulla regolarità delle elezioni sospettando brogli attraverso il voto per posta.
Entrambi gli sfidanti sembravano rivolgersi più ai propri elettorati che agli indecisi. La politica estera non è ancora stata trattata a fondo. Trump è uno dei pochi presidenti Usa degli ultimi decenni a non aver incominciato una guerra durante il proprio mandato e questa è un qualcosa che può utilizzare a proprio vantaggio, mentre Biden potrebbe essere attaccato sulle attività oscure di suo figlio Hunter in Ucraina e potrebbe scontare ancora le decisioni internazionali fallimentari di Hillary Clinton, Segretario di Stato durante il suo mandato come Vice Presidente.
In merito all’argomento Cina, non c’è da aspettarsi divergenze tra i due candidati. Ormai il dragone cinese è visto come la nuova Urss e sia Trump che Biden non hanno intenzione di addolcire il loro rapporto con Pechino. C’è da dire che in questo dibattito rumoroso e rissoso il vero vincitore è (ancora) una volta il Deep State, lo Stato profondo fatto da funzionari e diplomatici che non cambiano ogni quattro anni. Il Governo permanente, come viene chiamato, avrà un ruolo ancora più cruciale in un momento in
cui la società americana è quanto mai spaccata e il prossimo Presidente rischia di rappresentare solo una parte ben delineata degli Stati Uniti d’America.