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Boom di adolescenti che tentano il suicidio: ecco perché

E’ uscita ufficialmente una notizia che tutti noi ci aspettavamo ma nessuno voleva leggere e che riguarda il mondo dei giovani: durante il lockdown i tassi dei suicidi, dei tentativi di suicidio e delle richieste d’aiuto telefonico sono aumentati a dismisura. Le percentuali sono davvero allarmanti e senza precedenti.

I nostri ragazzi sono stati costretti per mesi interi a chiudersi nelle loro stanze davanti ad un computer ritrovandovi soltanto solitudine e disperazione. Sono andati persi dunque lunghi momenti di vita che vanno a formare le loro competenze sociali, costituente fondamentale dell’essere umano e balsamo per l’anima.

E a pagarne il prezzo sono sempre i più sensibili e le loro le famiglie che sono rimaste da questa parte del mondo e della vita. Fa male al cuore leggere queste cifre e ancor di più scrivere queste poche righe. Dal marzo scorso la socialità di molti ragazzi si è bloccata drasticamente e la colpa, a mio avviso, è di chi dovrebbe tutelare e vigilare sulla salute dei nostri figli. Sì, ok c’è una pandemia aggressiva ed invalidante ma abbiamo anche a disposizione molte menti pensanti e dei mezzi in grado di poter trovare delle soluzioni adeguate a questo tipo di sciagura. O perlomeno mi aspetto che ci siano…

E’ stata sacrificata una parte della loro preziosa adolescenza perché nelle scuole e negli autobus al mattino si veicolava il virus. Poi però ci hanno detto che, mentre si chiudevano i ragazzi in cameretta, si poteva andare al supermercato anche dieci volte al giorno, si poteva andare in edicola a prendere il quotidiano, al tabacchi a prendere le sigarette oppure il gratta e vinci. Diciamocelo: le
deroghe sono state troppe per un lockdown e molte sono apparse prive di logica.

Ecco perché non ne siamo usciti e non ne usciremo in tempi rapidi. E intanto la conta dei morti va avanti. E mentre dalle parti di Roma si discuteva su: banchi a rotelle, monopattini elettrici e tunnel sul Brennero tali da annientare anche il più integerrimo dei lavoratori, i nostri ragazzi si trovavano a passare le giornate davanti ad uno schermo ad assistere a penosi teatrini di potere. Da soli.

Prima di togliersi la vita, una persona lancia, e lascia, dei segnali che sono delle vere e proprie richieste d’aiuto. Bisogna saperli leggere questi messaggi e per fare ciò è necessario essere presenti. E anche questo talvolta purtroppo non basta. Ciò che ci dicono ora i nostri ragazzi è che hanno voglia di scuola, il che tradotto significa: socialità, stimoli, amori, amicizia, conflitti, confronto. I
nostri ragazzi hanno fame di vita ecco perché in tanti pensano al suicidio.

Sembra paradossale ma è così: la sofferenza derivata dalla percezione di non avere una vita il che li porta a scegliere una via
d’uscita drastica, l’unica possibile. Per tutelare, giustamente, le fasce più deboli abbiamo chiesto ai nostri ragazzi di rinunciare ad un pezzo importante della loro vita che per forza di cose non nessuno gli potrà più restituire.

Qualcuno li ha forse ringraziati per questo sacrificio? No, siamo pronti piuttosto a spiare se per caso hanno la mascherina fuori da scuola. Lasciamogli vivere, in sicurezza ovviamente, ma cerchiamo di agevolare il loro difficoltoso ritorno alla vita. Ne hanno tutto il diritto e hanno già pagato il prezzo. Ritardiamo le nostre uscite e lasciamo che al mattino possano prendere l’autobus senza creare intralci alla loro strada. Facciamo in modo di non essere noi le figure che creano l’assembramento nelle strade.

Dopotutto sono i nostri figli e nipoti, sono quelli che pagheranno i debiti che noi adulti stiamo contraendo in questi giorni con l’Europa.

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