Normalità, libertà, vita.
Sostantivi che usiamo da sempre e che oggi sembrano avere un valore diverso. Lo possiamo notare dal fatto che in questi giorni purtroppo si legga di suicidi e di centri anti suicidio presi d’assalto per lo più a causa delle conseguenze indotte dal Covid.
Persone che forse si sono tolte la vita per cercare disperatamente una libertà che oggi non riuscivano a trovare. La normalità persa, che ci accompagnava quando si usciva la sera con gli amici, andando a
trovare i parenti a cena, quando si organizzava una gita nel fine settimana o semplicemente si pianificavano le ferie.
Tutto ciò oggi, se c’è è limitato, diverso.
Il lavoro stesso che deve essere normalità, da un anno è diverso, quando c’è. Riaprire un’attività dopo un’ordinanza e gioire perché si può finalmente lavorare non è normalità. Non è normale soffocare quella gioia con una nuova ordinanza che a breve riporta un esercente ad abbassare le saracinesche. La possibilità di tutelare la propria salute dovrebbe essere assolutamente la normalità ma quello che oggi dovrebbe essere ovvio, ovvero una efficace campagna vaccinale, è complicata da una insufficiente fornitura di vaccini, con una conseguente folle discriminante selezione.
Conseguenza una libertà condizionata.
Non capiamo più nemmeno come, il prima normale rapporto con il nostro medico curante sia ora
diventato così difficile. Una platea numerosissima di persone avverse alla tecnologia, sia per questioni anagrafiche o per libera scelta, che fino a un anno fa vivevano più o meno tranquillamente e normalmente la loro diversità, ora rischiano l’emarginazione sociale perché non sanno fare un pinch to zoom, un drag and drop o uno scroll.
In questa situazione inconsueta, strana, anomala, che stiamo combattendo, troviamo anche chi nel mondo del lavoro, diffonde il credo del “new normal”. Vorrei tanto sapere da dove è arrivata l’ispirazione. E mentre ci battiamo ogni giorno per riavere la normalità, la libertà, la nostra vita, c’è chi questa domenica, a stadi chiusi, decide di camminare.
Si ma non in un bosco, in un parco, con una fotocamera o con il cane, decide di incamminarsi verso il parcheggio dello stadio dove si gioca il derby dotato di fumogeni, che probabilmente per lui hanno un effetto anti stress.
Ed è casualmente che si ritrova in quel parcheggio insieme a diverse centinaia di illuminati come lui, che hanno fatto rotta, verso cosa, non so dirvi.
Ma voglio pensare che non volessero andare allo stadio.
Non potevano entrarci, sarebbero stati poco intelligenti a dirigersi verso lo stadio sapendo che non vi potevano entrare.
Alla fine questa ennesima domenica di pandemia, ci lascia il ricordo di centinaia di illuminati, dotati
di rilassanti (per loro) fumogeni, che vengono allontanati da un parcheggio dalle forze dell’ordine,
mettendo velocemente fine alla loro illuminante scampagnata domenicale. Erano forse alla ricerca della normalità, della libertà?
Che per loro sia questo il senso della vita?