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Artisti al Quirinale

Covid: la cultura italiana umiliata perchè debole e succube del potere

Negli ultimi due giorni, il ministro della Cultura e dello Spettacolo Dario Franceschini è stato bombardato da insulti ed inviti alle dimissioni. La gente di spettacolo, e chi vive di cultura, gli rimproverano di aver fatto poco o nulla per impedire la nuova chiusura dei cinema e dei teatri imposta dal nuovo DPCM: ed è francamente difficile dar loro torto anche perché il ministro, a volte, nelle interviste rilasciate ai grandi quotidiani, è sembrato parlare più da rappresentante del Partito Democratico all’interno della compagine di governo, che da titolare di un dicastero fra i più colpiti dall’emergenza sanitaria.

In realtà, la levata di scudi del mondo dello spettacolo e della cultura appare tardiva e, per certi aspetti persino “pelosa”. Per una serie di ragioni che molto hanno a che fare con l’atteggiamento che, da tempo, nel nostro paese, quel mondo ha assunto nei
confronti del Potere (anche di quello con la “p” minuscola).

Un esempio: i premi Davide di Donatello. Soltanto in Italia, i candidati a quello che dovrebbe essere il riconoscimento più importante della cinematografia nazionale, sfilano, la mattina della consegna, dinnanzi al presidente della Repubblica. Anche
dinnanzi a Scalfaro, l’inquilino del Colle che più di ogni altro ha dimostrato un disprezzo a tratti più che palese nei confronti della gente di spettacolo.

Anni fa, addirittura, fu il ministro in carica a consegnare il premio al miglior film. E’ perciò impensabile che da noi accada quello che è accaduto in Francia, nel 2015, quando, durante la cerimonia di consegna dei premi Moliere, un attore si era presentato
completamente nudo, e, di fronte al ministro della Cultura, aveva snocciolato tutto ciò che non funzionava, a dire della gente di teatro, in quel settore (in Francia, dove la cultura subisce un trattamento che, da noi, manco ci possiamo immaginare).

Diciamocelo, una volta per tutte: la massima aspirazione degli esponenti più in vista della cultura italiana, soprattutto di quelli che, in virtù del loro mestiere dovrebbero esercitare la massima vigilanza nei confronti del potere, ovvero i comici, è quella di
stare a fianco del principe. Non dietro. Ma, stando a fianco del principe, possono essere controllati e non possono nuocere.

Fuor di metafora: la politica, da anni foraggia teatro e cinema, fatte le debite e sempre minori eccezioni. Attori, registi, sceneggiatori ed autori non possono dunque rappresentare, in alcun modo, una minaccia per chi, di fatto, decide delle loro sorti
finanziano film e sostenendo il teatro. Ciò spiega un sacco di cose: non ultima, il fatto che lo stesso presidente Conte abbia
nominato gli artisti mesi dopo l’inizio del primo lockdown, riferendosi a loro come “quelli che ci fanno tanto divertire” suscitando le ire di molti di loro ma, anche e immediata, la giustificazione da parte di parecchi di essi.

Pertanto, sarebbe un segnale importante se, quando tutto questo sarà finito, in un sussulto di dignità, nessuno si presentasse al Quirinale in occasione dei primi David di Donatello liberi dall’epidemia.

Anche se siamo pressoché certi che sarà tutto come prima.

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