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Il cappio dei debiti

Debiti da Coronavirus? Resta la legge “anti suicidi”, che è peggio

Come un miraggio che illude l’assetato nel deserto per poi sfumare una volta avvicinato davvero.

Così l’annunciata riforma della Legge Fallimentare che avrebbe consentito di aspirare ad una nuova vita imprenditoriale anche chi, imprenditore o privato, si fosse ritrovato travolto dai debiti, si è smaterializzata proprio quando stava per entrare in vigore, e proprio nel momento di estrema crisi da Coronavirus dove ce ne sarebbe stata l’esigenza.

Finalmente infatti anche l’Italia, seppur ultima, si sarebbe potuta adeguare ad altri Paesi europei con questa riforma della legge fallimentare di cui al D.lgs n°14 de12.1.2019 (Codice della Crisi e dell’Insolvenza- CCI), che avrebbe dovuto entrare in vigore il 15 agosto prossimo con l’obiettivo di offrire alle imprese ed ai privati alcuni strumenti per anticipare e limitare gli effetti delle crisi aziendali ed in alcuni casi estinguere posizioni debitorie anche senza esborso di denaro con una innovativa procedura chiamata “esdebitazione a zero incassi” che avrebbe favorito tutti coloro che non possano far fronte ai pagamenti nemmeno in parte, ossia di fatto nullatenenti.

Una novità per quelli che, fino ad oggi, pur essendo in situazioni di sovraindebitamento non hanno potuto usufruire della Legge 3/2012 in quanto privi di redditi o beni intestati da utilizzare nella transazione per pagare i creditori. Riforma la cui necessità ed urgenza viene evidenziata proprio in questo periodo di crisi ma che il Governo ha invece ritenuto di farne differire l’entrata in vigore al 1 settembre del 2021.

Fino a quella data rimarrà quindi attuale la normativa di cui alla L.3/2012 nota a anche come “legge anti suicidi” rispetto alla quale molti sono gli aspetti di novità introdotti dalla riforma il cui differimento da parte del governo priverà sopratutto le le piccole medie imprese ed i liberi professionisti, di strumenti innovativi per uscire dalla crisi. Il riferimento, in particolare, va alla nuova procedura di “concordato minore” cui potranno accedere ma, ormai, solo dal settembre 2021 professionisti, PMI e ogni altro debitore non assoggettabile all’attuale legge fallimentare.

Questa procedura, consistente in uno strumento di concordato semplificato che prevede anche la prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale svolta in via diretta e indiretta, potrebbe essere stata utilizzata, tra gli altri, proprio dall’”impresa minore”, nuova figura di impresa delineata dal CII, per la quale vi sarebbe stata altresì la possibilità di utilizzare l’altra grande novità contenuta nel nuovo CCI relativa alla possibile omologazione del concordato minore anche in mancanza di adesione da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Altra importante novità sarebbe stata l’opportunità, non solo per i soggetti privati come prevede l’attuale normativa, anche per le società sia di persone che di capitali, di essere ammessi alla “esdebitazione” (fresh start) che comporta la liberazione di dritto per i debiti dei quali si è accertato l’impossibilità di onorare. Tra le importanti novità, infine, si segnala la possibilità, per i membri
della stessa famiglia, nonché agli uniti civilmente o semplicemente conviventi, quando l’indebitamento abbia una origine comune, di presentare un unico progetto di risoluzione della crisi.

La lungimiranza ed il buon senso avrebbero dovuto permettere, ora più che mai, ai debitori diventati tali in conseguenza della pandemia, di liberarsi di detti debiti al fine di ripartire da zero e di riacquistare un ruolo attivo nell’economia senza restare schiacciati dal carico dell’indebitamento preesistente.

Invece, ora che tale normativa sarebbe servita non solo non è già in vigore ma, anzi, viene rinviata. E’ l’ennesima conferma di un potere legislativo sempre in desolante ritardo sulle richieste del sistema Paese che si fanno invece sempre più urgenti. Ed anche anche quando a forza di compromessi, l’obiettivo sembra finalmente prossimo al raggiungimento, non riesce mai a darne attuazione.

Pertanto gli effetti di questa crisi dovranno essere affrontati con gli strumenti, consueti, certo largamente sperimentati ma ormai indubbiamente obsoleti e certamente non più adeguati per fornire le risposte che un paese moderno deve saper dare a tutti i suoi cittadini, rappresentando ancora una volta l’incapacità della classe politica di intercettare, per tempo, le esigenze della collettività e di porvi rimedio con una legislazione moderna, al passo con i tempi e anticipatrice dei problemi.

Attualmente quindi la crisi da sovraindebitamento rimane disciplinata dalla legge 3/2012. Cos’è la crisi da sovraindebitamento?
E’ la condizione per poter accedere alla procedura. Ciò vuol dire che il debitore si deve trovare in una condizione di squilibrio perdurante tra debiti e patrimonio liquidabile, che lo pone in una situazione di difficoltà o impossibilità di pagare i propri debiti.
Soluzioni al sovraindebitamento. la crisi da sovraindebitamento può essere gestita perseguendo tre diverse strade.
L’OCC (Organismo di composizione della crisi), il Gestore della Crisi e un Giudice delegato valutano la fattibilità delle soluzioni possibili in ogni caso concreto tra le seguenti:

1-Accordo di composizione della crisi e ristrutturazione: ai creditori viene proposto un progetto con importi e tempi definiti per saldare in tutto o in parte i debiti. L’accordo è raggiunto se sono favorevoli creditori che rappresentano almeno il 60% del debito.

2- Piano del consumatore: funziona come l’accordo ma non è necessario il parere favorevole dei creditori ed è riservato esclusivamente a debiti che non riguardano un’attività professionale in corso.

3- Liquidazione del patrimonio del debitore: il debitore e il Gestore individuano i beni da vendere e destinando il ricavato al pagamento in tutto o in parte dei debiti.

Esdebitazione
All’esito della procedura di gestione della crisi il debitore che abbia operato con impegno e correttezza può beneficiare, previa verifica delle condizioni, dell’esdebitazione che come sopra spiegato comporta la possibilità di “dimenticare” i vecchi debiti anche se attraverso la gestione della crisi sono stati pagati solo in parte. I soggetti che possono accedere attualmente alla procedura sono i soggetti non fallibili (ad esempio i consumatori, le piccole imprese commerciali, le imprese agricole ed i lavoratori autonomi).

In conclusione va evidenziato come la normativa ora vigente, che già in questi anni di applicazione ha presentato una serie di limiti e di criticità, risulti oggettivamente poco attuale per far fronte alle nuove esigenze economiche scatenate dalla crisi sanitaria.

Seppur comprensibili i motivi per cui si è ritenuto di rinviare la parte di riforma riguardante la sola legge fallimentare, si sarebbe dovuto invece consentire l’entrata in vigore immediata almeno delle norme in tema di sovraindebitamento introdotte dal nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, per far fronte alla grave crisi economica che sta impoverendo famiglie e imprese italiane a seguito della pandemia.

Viene da chiedersi se nella gravità della situazione attuale sia possibile che si possa attendere l’entrata in vigore di più di trecento articoli già pronti, senza che nessuno di questi possa essere subito adottato per ottenere risultati positivi sin da ora.

Personalmente credo di no riducendosi pertanto il rinvio “in blocco” di tutta la riforma soltanto un mero differimento in avanti del “problema”.

Avv. Paolo Emilio Quaggetto

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