Dippi (sta per Roberto Di Piazza, lo preferisco a Dipi e seguo la regola del raddoppiamento sintattico) si ricandida a Sindaco sicurissimo di sé e a Ring su Telequattro dice serafico: “Di chi dovrei avere paura, del diavolo?”.

Un post su Facebook: “non temi nemmeno il diavolo? E se invece qualcuno ti facesse venire un diavolo per capello?”. Un commento di Stefano Patuanelli: (più o meno) “leggo di Dipiazza e avrei voglia di sentirmi un po’ diavolo…”.

Diego D’Amelio sfoglia tutto, riprende, interpreta, titola: “Russo o Patuanelli come anti-Dipiazza: l’asse giallorosso si prepara alla sfida per Trieste”. Occhiello (occhiello, detto anche sopratitolo o soprattitolo, è una frase opzionale di lunghezza non superiore a due righe, posta al di sopra del titolo di un articolo di giornale) “Ma intanto via social spunta un post sibillino del ministro pentastellato”.

Dietro le righe: Patuanelli, Ministro e ben impegnato a Roma, non ha alcuna intenzione di candidarsi (per adesso e lo farebbe, forse, solo se dovesse cadere il Governo) e assume le vesti del “diavolo” per certificare l’esistenza in via dei 5 Stelle.

Resta in campo Francesco Russo al netto dei suoi problemi personali dichiarati pubblicamente e per i quali, credo tutti, gli fanno i migliori auguri. Piccolo spaccato di come funziona l’informazione. Non più fatti ma tweet o post che diventano essi stesso il fatto che sovrasta il commento o il giudizio. Lo strumento ideale per una politica bulimica nella rincorsa delle dichiarazioni quotidiane.

Ma se tutta la politica di Trump si palesa prima su Twitter che non con i suoi ministri per dichiarare la guerra commerciale ai cinesi responsabili della “kung flu” o prendendosela con il suo probabile rivale Joe Biden definito “sleepy Joe” o per insultare Kim Jong-Un chiamandolo “roket man” e prendendosi, di rimando, del “vecchio lunatico” che problema c’è se da dietro il Municipio dovesse spuntare un diavolo che in diretta Facebook fa “buu” a Roberto Dipiazza?