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Gay Pride: quando un asterisc* conta più di una A

“L’anno 2020 è stato un anno difficile per tutt*”.

Inizia così il secondo paragrafo del Manifesto di FVG Pride 2021.

E più sotto continua: “…noi siamo ancora oggi cittadin* di serie B non legittimat* al matrimonio e alla
genitorialità…”.

Lascio ad altri osservazioni sui contenuti del Manifesto e sull’evento in sé stesso, che avrà luogo a settembre tra Gorizia e Nova Gorica, ma non posso non evidenziare come, in tutto il testo, si eviti di declinare, al maschile o al femminile, nomi e aggettivi nel rispetto di LGBTQIA+.

Il tema è complesso, genera sofferenze vere e profonde: va trattato con delicatezza e rispetto infiniti. Io sono una persona fortunata, ho ben chiara la mia identità. Un ampio insieme di dettagli, idee e valori mi
caratterizzano. La mia identità sono io e senza la mia identità mi sentirei fragile. Non a caso quegli asterischi mi hanno colpita. Sono note a piè di pagina lasciate in bianco. Sono situazioni difficili da descrivere e tanto più da vivere.

Sarà forse per questo motivo che trovo davvero inutili i polveroni, più volte sollevati in Italia, per la
declinazione al femminile di mestieri, ruoli, cariche amministrative. C’è chi si è battuto per la “Capa Treno” e chi per la “Direttrice d’Orchestra”. Rivendicazioni sbandierate come lotte a favore delle donne e dei diritti civili. Tattica politica che si limita alla forma senza prestare attenzione alla sostanza. Da donna sono sensibile agli asterischi di quel Manifesto e trovo invece assolutamente indifferente che le etichette siano declinate al femminile. Conta il mondo reale, quello in cui le donne dovrebbero avere le stesse opportunità degli uomini.

E anche oggi, che in Parlamento si discute sul Ddl Zan, alcuni politici non riescono a prendere le distanze da posizioni ideologiche e divisive. Non c’è dubbio che ogni forma di discriminazione e omotransfobia vada combattuta e condannata duramente. Ma deve essere chiaro che più persone aderiscono alla causa, più consensi la legge troverà nel paese e più facile sarà tutelare chi oggi, purtroppo, subisce violenze fisiche o verbali a causa della sua identità.

In questo contesto, rifiutare il dialogo e dividere il mondo in buoni e cattivi, tra chi considera il disegno di legge intoccabile e chi no, crea lacerazioni e non aiuta a conseguire il risultato finale.

Su temi così importanti sarebbe opportuno che i partiti dessero una prova di maturità. I diritti civili sono una battaglia di tutti. Le cose serie si affrontano in modo serio. Senza scordare che la società italiana è la più inclusiva e rispettosa del mondo. Strumentalizzare le cause, in ottica di campagna elettorale, come bandiere ideologiche non giova a nessuno. Non giova al paese, che chiede ogni giorno agli  amministratori di finirla con i giochi di palazzo e di pensare alla collettività e ai mille problemi che affliggono l’Italia.

E non giova, a mio avviso, a chi si vorrebbe tutelare con le leggi stesse.

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