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L'ultimo passo di un acquisto online

Il 25% dei negozi a rischio chiusura e noi rapiti da “acquisti facili” via Internet

Sul QN del 17 novembre leggo lo straziante grido d’allarme della Confcommercio di Firenze la quale denuncia la crisi spietata nella quale sta affondando il settore dell’imprenditoria locale. Si stima che a primavera un locale commerciale su quattro (il 25%!) sicuramente sarà costretto a chiudere e già ora stanno arrivando delle offerte per rilevare bar, ristoranti ed alberghi a prezzi
stracciati.

La storia si ripete né più né meno di quanto successe durante la prima ondata. Gli sciacalli sono sempre in agguato, niente di nuovo. La situazione sembra essere la stessa in tutta Italia, paese ridicolizzato talvolta dalle genti di tutto il mondo ma sempre buono quando si tratta di buon cibo, luoghi d’arte oppure di affari fatti prendendo per la gola i nostri imprenditori in difficoltà, indeboliti non solo economicamente ma soprattutto psicologicamente.

Il grido dei commercianti fiorentini non è dissimile a quello dei colleghi triestini che appena una settimana fa chiedevano ai loro concittadini di acquistare nei negozi locali. Lo sappiamo tutti che il fascino dell’e-commerce ci sta rintronando, ma qua ne va della nostra sopravvivenza. Scorrere il nostro ditino sullo smartphone per acquistare un prodotto che spesso nemmeno ci serve, in qualche maniera ci deresponsabilizza dall’acquisto stesso.

Non abbiamo la percezione reale del denaro che spendiamo, né della fatica e del tempo che impieghiamo per raccimolarlo. E’ semplicissimo: te ne stai lì disteso sul tuo bel divano, magari alla sera, un pò di noia misto a stanchezza ed eccola lì l’occasione che (non) cercavi! Il tuo piccolo premio per aver sopportato un’altra giornata faticosa brilla di luce propria, quella dello schermo. E quando lo fai, quando cioè il tuo dito scorre sul tasto “acquista ora”, il quale sembra quasi un ordine impartitoci dal nostro inconscio, una scarica di endorfine corre lungo tutto il corpo donandoti quel brivido che non puoi ricevere dal tuo mondo
reale.

Aggiungici poi il fatto di non avere l’oggetto tra le mani e al contempo il portafoglio perfettamente intatto, ci illude tutti di non aver compiuto nessuna azione particolare. Il pacco arriverà tra qualche giorno, forse non sarai nemmeno tu a ritirarlo, e tutto sarà dimenticato. La stessa cosa vale per la ristorazione: chi te lo fa fare di uscire, di farti la barba o metterti il vestito buono, quando puoi ordinare il cibo di un fast food direttamente a casa? Puoi scaldarti i ravioli al vapore nel tuo microonde senza nemmeno il fastidio di toglierti la tuta che indossi da quando il tuo capo ti ha messo in smart working.

Così facendo il nostro conto in banca sarà sempre più esiguo, implementeremo l’e-commerce cedendo parte del nostro potere economico al miliardario di turno e saremo sempre più dipendenti dalle nostre endorfine da acquisto. Magari saremo realmente dispiaciuti quando l’ennesimo locale storico abbasserà le serrande, leggeremo l’ennesimo articolo melenso sul nostro quotidiano e forse correremo in massa durante l’ultimo giorno di attività facendo finta di essere sempre stati dei clienti abituali. Perché in fondo in fondo ci piace pensare di essere sensibili al tema, indifferente quale esso sia…

Non è solo colpa nostra, sia chiaro: chi abita nelle stanze dei bottoni conosce benissimo i nostri meccanismi mentali e le nostre debolezze. Forse dovremmo cercare di proteggerci un pò di più, evitando magari di cedere i nostri dati a destra e a manca o di far vedere al mondo quali sono i nostri gusti, le nostre opinioni, cosa vestono/mangiano/giocano i nostri figli e via discorrendo.
Accendendo la tv, noterete che la maggior parte degli spot sono dedicati ai prodotti farmaceutici, gli altri invece sono tutti incentrati a fornirci la narrazione di come dovrebbe essere il nostro stile di vita: smart, veloce, connesso, monodose, a portata di click e…possibilmente a cavallo di un nuovissimo monopattino elettrico!

Ma quando tutto finirà, e non mi riferisco soltanto alla pandemia, non verremo assunti da questi colossi: ci troveremo soltanto con un pugno di mosche in mano. Non ci sarà la signora del negozio di fili e bottoni che ci aiuta con l’orlo e neppure la cartoleria della nostra infanzia, quel posto magico dove il profumo di carta ti faceva amare anche i quaderni di scuola.

Un vecchio detto recita che i cani a volte ballano sui corpi dei leoni, ma i cani rimangono cani e i leoni rimarranno sempre leoni. Anche se sparuti, feriti e confusi, cerchiamo di rimanere leoni e difendiamo la nostra identità da questa modernità che non ha né tempo né interesse per le nostre individualità, per la nostra storia o per i nostri ricordi più cari. Questo consumismo sfrenato e
veloce, che si mimetizza sotto il nome di progresso e/o futuro ha il solo interesse del profitto di quei pochi che abitano nell’Olimpo. Il resto è poltiglia tutta uguale buona soltanto a produrre e a consumare in modo forsennato. La poltiglia deve essere divisa, lasciata da sola su quel divano a riempirsi di serie tv, birra, canne e videogiochi mentre confusa fa scorrere il proprio ditino connesso alla propria carta di credito.

“Il Leone ruggisce ancora” stava scritto su un muro fuori dalla mia scuola media. Sta a noi non smorzare la sua voce.

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