I colori cambiano, i DPCM si susseguono, le notizie allarmanti giungono anche a chi tiene spenta la televisione o non legge i quotidiani, la paura dilaga, l’uso di ansiolitici aumenta…
In questo clima surreale, che ormai viviamo come fosse la norma, la voce di chi, come me, spinge a nutrire fiducia nel futuro ed alla ricerca della felicità, appare un po’ come la rappresentazione di un San Giovanni in saio, che vaga per il deserto, parlando di salvezza.
E lo capisco. Accetto i sorrisini di circostanza che seguono alle mie affermazioni. Comprendo il dubbio rispetto alle mie convinzioni.
Perciò vi voglio raccontare il mio “perché”.
La vita è un percorso che implica continue scelte: caffè o cappuccino? Pane e marmellata o uova con il bacon? Tuta da ginnastica o abito? Libro o film? Doccia veloce o bagno rilassante?
Ogni istante che passiamo in fase di veglia, richiede di prendere decisioni, dalle più banali, che ho elencato, alle più complesse: sposarsi, fare dei figli, restare single, credere in Dio, avere una fede politica, diventare vegani, vaccinarsi…
Abbiamo in mente un paio di alternative, in genere l’una l’opposto dell’altra. Un po’ come se il mondo fosse tutto o bianco o nero e non esistessero altre nuance.
Questo è il mio ragionamento: ho davvero solo due strade davanti a me?
E’ certo che, se prendo l’autostrada per andare da Treviso a Milano, ferma all’altezza di Sirmione a causa di un incidente, io non possa uscire al casello e farmi una passeggiata in quel paesino stupendo, invece di restare in macchina a ribollire di rabbia per un evento che non dipende da me?
E’ normale che, avendo progettato un viaggio a New York per il mio compleanno ad agosto, essendo impediti i voli a causa del Covid, io mi chiuda in casa a lamentarmi dello schifo della situazione, invece che dirottare sulla Sicilia e scoprirla con i suoi colori e profumi?
E’ possibile che, con il matrimonio organizzato da 6 mesi ed il ristorante prenotato da quando avevo 18 anni, decida di non volerlo celebrare con le mascherine, optando per una cerimonia in comune con i soli testimoni, rimandando al primo momento utile una bellissima festa con tutte le persone che amo, rinunciando ai formalismi in favore del vero valore dell’evento?
Insomma, esistono diverse opzioni.
Il contrario della gioia non è necessariamente la tristezza. Può essere la serenità. Oppure uno stato di introspezione.
Una valutazione dell’attesa come opportunità di sviluppo della mia creatività.
Forse, traendo ispirazione da una massima di W. A. Ward, il contrario di ottimismo, non è pessimismo…solo realismo.
Barbara Fiori
Happiness coach