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Il vero “debito buono”? Investire sul ruolo delle donne

È stato uno dei pochi temi, diversi dal Governo Draghi, trattati dai giornali delle ultime settimane: “le donne, il potere e l’interpretazione della loro maternità”.

Riassumiamo?

Per una donna è ancora difficile raggiungere il potere. Una delle ragioni è certamente la complessa conciliazione tra famiglia, maternità e lavoro. Inoltre, nei pochi casi in cui la donna riesce ad emergere, viene spesso attaccata e criticata. Gli uomini sembrano avere difficoltà ad accettare che il gentil sesso possa avere delle idee personali non convenzionali e il potere per farle conoscere ed apprezzare dall’opinione pubblica.

A ciò si aggiungono alcuni diktat che caratterizzano il pensiero comune.
Il primo: la donna di potere ha sicuramente sensi di colpa nei confronti dei suoi figli… se ha avuto la fortuna di concepirli. Una donna molto impegnata di certo non dedica il tempo che vorrebbe alla sua famiglia ma generalizzare è sbagliato. Ci sono anche madri convinte che la loro felicità rende automaticamente i bambini sereni.

Il riferimento ai sensi di colpa sottende, inoltre, un giudizio negativo: se una donna investe molto tempo sul lavoro deve necessariamente essere una persona egoista e poco sensibile al benessere dei figli, che la desidererebbero al loro fianco. Ma perché un uomo impegnato, potente, realizzato lavorativamente non ha sensi di colpa? O piuttosto perché di questo non si parla mai? E soprattutto qual è la soluzione ai sensi di colpa delle donne? Meglio che al potere arrivi solo un uomo? Non credo. La soluzione può essere aiutare le famiglie a gestire al meglio i figli, favorendo così la realizzazione lavorativa di entrambi i genitori.

Se una madre sa che il figlio è in buone mani, frequenta l’asilo, ha una brava educatrice, di certo i sensi di colpa, se ci sono, diminuiscono.

Secondo diktat: una donna di potere “produce figli con la collaborazione di…”.
Sembrano le fredde parole pronunciate da chi descrive una bella barca, realizzata con la collaborazione dell’ottimo fornitore di pavimenti in teak. Ottimo dicevo, ma pur sempre un fornitore. Grazie, infatti, a collaboratori altamente selezionati l’azienda “donna di potere” può mettere in cantiere qualcosa che non potrebbe fare da sola. Con questa frase si dimentica che un figlio è frutto dell’amore tra due persone.

Il “produrre con la collaborazione di…” merita, inoltre, qualche riflessione aggiuntiva riguardo l’immagine, comunemente diffusa, del “compagno di una donna di potere”. Si dà per scontato che una donna forte e di successo preferisca accompagnarsi ad un uomo che, evidentemente, è un po’ meno forte di lei e si accontenta di collaborare alla maternità della moglie. In una nazione dove le pari opportunità e la tutela di genere sono cavalli di battaglia di politica, mondo economico e parti sociali, qualche riflessione sulla reale considerazione della donna nel mondo del lavoro andrebbe fatta.

A cosa servono tutte le alzate di scudi a proposito dello scarso numero di donne nel Governo Draghi? Come possono le donne ambire a ruoli importanti se la società italiana ha ancora difficoltà ad accettare che la donna voglia poter conciliare famiglia e lavoro ad alti livelli? E perché bisogna criticare violentemente una donna che decide, assumendosene la responsabilità, di non conformarsi al pensiero comune e magari porsi in opposizione ad un governo ben visto ad ogni latitudine politica? Piuttosto che parlare di “quote rosa” bisognerebbe iniziare a cambiare la nostra mentalità e accettare che una donna possa raggiungere il
successo lavorativo, affermare con forza le sue autonome posizioni e desiderare anche di diventare madre.

Inoltre ogni nascita è un successo personale e sociale, specie in Italia, paese afflitto da anni di crisi demografica. Di fronte alle culle italiane drammaticamente sempre più vuote, sarebbe auspicabile che tutti remassimo dalla stessa parte ed è importante l’esempio di maternità e compatibilità della stessa con una vita lavorativa di successo, venga da donne note al grande pubblico.

I media dovrebbero portare ogni donna che riesce a coniugare lavoro e maternità come esempio positivo per il bene del nostro Paese, sensibilizzando le istituzioni a sostenere le giovani famiglie.

Questi sarebbero i famosi investimenti in debito buono, investimenti destinati a produrre ricchezza e benessere sociale e… a questo punto le “quote rosa” non avrebbero più alcun senso.

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