L’attualità della questione è evidenziata dal considerevole dato che solo il 31% delle imprese italiane sopravvive alla seconda generazione ed appena il 15% alla terza: ciò significa che due aziende su tre scompaiono entro 5 anni dal passaggio generazionale.
Invero, il passaggio del “testimone” rappresenta uno dei momenti più delicati nella vita di un’impresa familiare, non solo per gli aspetti tecnico-giuridici che entrano in gioco, ma molto più spesso a causa di rilevanti profili di ordine psicologico-familiare. E’ importante quindi che tale passaggio vada correttamente interpretato e vissuto come un momento di trasmissione di valori attraverso un insieme di azioni finalizzate alla sopravvivenza ed auspicabile ulteriore crescita dell’impresa.
Per contro, il passaggio generazionale che avviene a seguito della morte del “dominus”, non precedentemente preparato, può certamente portare a perdite di valore non solo a causa del trauma che subisce l’intero sistema con il cambio di gestione, ma anche per gli oneri, soprattutto fiscali, connessi al trasferimento dell’azienda.
Va quindi cercato quell’equilibrio tra gli elementi che interagiscono nell’impresa famigliare e cioè la famiglia, la proprietà ed il management che connotano l’insieme della cultura aziendale, anche inteso come marchio distintivo, alla cui trasmissione è appunto affidato il passaggio generazionale. Fondamentale quindi è garantire l’equilibrio tra logiche aziendali e rispetto dell’identità dell’azienda, consentendo a tal fine la formazione di un’effettiva “governance” aziendale intesa come l’insieme dei principi, delle regole e delle procedure che consenta alla famiglia di esprimere il controllo senza pregiudicare la struttura operativa, cosa che succede, ad esempio quando i consigli di amministrazione delle aziende familiari rappresentano solo degli avamposti dei componenti della famiglia.
Infatti spesso, assistiamo a vicende imprenditoriali in cui proprio i rapporti interparentali costituiscono l’ostacolo più insidioso per la durata delle imprese a carattere familiare. E’ il caso, ad esempio, del fondatore che è anche capo della famiglia e dell’impresa, in cui le sue decisioni imprenditoriali sono fortemente influenzate dai rapporti familiari che spesso ne frenano l’autonomia.
A volte la logica familiare tende, per garantire l’armonia dei rapporti familiari, a privilegiare e garantire i suoi membri, favorendone assunzione, formazione e carriera all’interno dell’azienda con possibile rischio di inefficienze quando la scelta effettuata non è la migliore per l’azienda, ma è “la migliore” per la famiglia.
Altre volte, poi, l’esistenza di dissidi in seno alla famiglia pregiudicano proprio la credibilità nei confronti del mercato, che è certamente poco incline ad investire in un’azienda che non garantisce stabilità e continuità.
Tutti tali fenomeni così descritti possono si costituire un problema ma al contempo una rilevante risorsa a patto che si proceda con una programmazione consapevole e con ragionevole anticipo, del passaggio generazionale. A tal proposito va evidenziato che, oltre al patto di famiglia, vi sono ulteriori strumenti per favorire una continuità generazionale al riparo da rischi. Spesso, infatti, il passaggio generazionale è l’occasione di un riassetto societario in vista di nuovi obbiettivi, in alcuni casi si rivela opportuno creare una holding famigliare che si occupa solo degli aspetti proprietari, distinta dalla parte legata al core business, per preservare l’operatività dell’impresa dalle eventuali liti sull’assetto societario, anche con eventuali patti parasociali che regolino e
assicurino continuità nella gestione.
Un istituto che si presta con particolare efficacia alla soluzione di molteplici esigenze e certamente anche a quelle che riguardano il passaggio generazionale, è l’istituto del “trust” che consente di creare un fondo in cui far confluire quote di partecipazione ed asset aziendali in attesa di avvicinare gli eredi all’impresa, amministrato sulla base di direttive dell’imprenditore così da dare la possibilità agli eredi di acquisire competenze in attesa di prendere il controllo dell’impresa.
Un istituto, sempre più utilizzato in Italia, che potrebbe presto essere ulteriormente rinnovato considerati i ripetuti solleciti dell’Unione Europea ai Paesi membri di rivisitare tali istituti giuridici per favorire il passaggio generazionale.
Paolo Emilio Quaggetto – avvocato