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Un punto tamponi a Treviso

La nostra arma si chiama vaccino

È stato un periodo lunghissimo. Gli imprenditori, le partite IVA, gli ormai famosi “non garantiti” hanno
tollerato zone bianche, gialle, arancioni e rosse. Lockdown e coprifuoco. Chiusure tutt’altro che chirurgiche e ristori ridicoli.

Si sono adeguati, spendendo di tasca propria, a linee guida che da essenziali, nel giro di qualche settimana, sono divenute, per bocca degli amministratori stessi, inefficaci e inutili. Hanno sopportato
per un anno e mezzo incertezze, inefficienze, cambiamenti di rotta. Ma oggi forse si vede la luce in fondo al tunnel.

La disponibilità dei vaccini è finalmente corrispondente alla popolazione. La campagna vaccinale
italiana è stata completamente ripensata e, in qualche fase, è riuscita anche a toccare la punta delle mitiche 500.000 dosi giornaliere.

C’è però un problema. Negli ultimi giorni è emersa una adesione alla vaccinazione inferiore alle aspettative. In Friuli Venezia Giulia il target 60-70 anni non ha risposto con percentuali elevate alla chiamata. Si è formata una fascia di resistenza. Tanto che, per non rallentare la marcia, sono state aperte le prenotazioni anche alle persone con età compresa tra i 50 e i 60 anni.

Purtroppo alcune mosse comunicative degli scorsi mesi, relative soprattutto alle dosi di AstraZeneca, hanno generato nella popolazione confusione, timori e paure, dando spazio ai no-vax. Parallelamente è del tutto mancata l’informazione opposta. Quella che avrebbe dovuto rassicurarci e mettere in evidenza che il rischio zero non esiste in nessun aspetto della nostra vita e tanto meno in tema di medicinali ma il caso che la situazione avversa si verifichi è assolutamente raro.

Non gioca a favore della campagna nemmeno la recente mossa europea di non rinnovare il contratto di fornitura ad AstraZeneca. Qualcuno si è chiesto come possa sentirsi chi ha già assunto la prima o entrambe le dosi di quel vaccino?

Al di là della Brexit e delle strategie geopolitiche europee, avremmo dovuto prendere esempio dal Regno
Unito, dove il governo ha favorito una pragmatica vaccinazione di massa con AstraZeneca. La popolazione è stata da subito messa a conoscenza dei possibili, se pur infrequenti, effetti collaterali e oggi il paese vanta oltre 50 milioni di dosi somministrate e, da qualche settimana, ha ricominciato a vivere quasi normalmente.

Credo sia giusto che, su temi così complessi, ognuno scelga liberamente ma penso anche che partecipare alla campagna vaccinale sia l’unico modo per uscire definitivamente dall’emergenza. Non possiamo rischiare di ritrovarci a settembre nella stessa situazione dello scorso anno. Lo dobbiamo alle persone fragili, ai nostri ragazzi ma anche a quelle attività che qualcuno ha definito “sacrificabili” e che hanno portato praticamente da sole sulle spalle il peso delle limitazioni causate da questo maledetto virus.

L’Italia deve risollevarsi economicamente, ritornare a produrre e a ritagliarsi il suo ruolo in campo
internazionale. Gli italiani devono ricominciare a vivere e magari anche a far figli, per contrastare la pesante crisi demografica che ci caratterizza da troppo tempo.

Vacciniamoci.

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