Siamo arrivati al 7 dicembre di questo 2020 ed è il momento di riflessioni. Non si può non riportare portare come primo drammatico dato i morti per COVID -19 , ad oggi 1.519.193 nel mondo.
Un numero che nonostante sia impressionante è stato contenuto grazie a misure straordinarie che ancora oggi i vari paesi perfezionano con l’obiettivo di limitare il danno, fino all’arrivo dell’atteso vaccino. La lotta per la tutela della salute pubblica ha segnato tutti i paesi , sia sul lato economico sia su quello sociale.
Il nostro paese a dire la verità è alle prese con questi problemi da decenni, soffocato da un debito pubblico che supera il 134% del PIL e da una divisione sociale sempre più accentuata. Subita la crisi del 2008, eravamo ancora alle prese con il tentativo di far ripartire la nostra crescita quand’ecco la pandemia.
Certo è che il nostro paese dal 2008 al 2019 non aveva mostrato segni di grande ripresa, mostrando i soliti difetti, ovvero debolezza dei fondamentali economici e un instabilità politica. L’esportazione ci stava dando un pò di ossigeno ma la domanda interna non è mai ripartita veramente a causa dei difetti strutturali mai affrontati seriamente.
Insomma l’Italia è un paese arrivato alla pandemia già stanco.
Ma qual è la fotografia del nostro paese alla fine del 2020? Nel secondo trimestre del 2020 , rispetto allo stesso periodo del 2019 il PIL è crollato del 18% (con leggero rimbalzo nel terzo trimestre ma si chiuderà con una perdita del 9-10 %), i consumi delle
famiglie crollati del 19,2%, gli investimenti crollati del 22,9% e le esportazioni del 31,5%.
Il dato sull’occupazione al terzo trimestre 2020 racconta che nonostante il blocco sui licenziamenti sono stati persi 457.000 posti di lavoro. Questo dato va letto con molta attenzione perché mette indiscutibilmente in evidenza i limiti del nostro mercato del lavoro e l’inadeguatezza del sistema di politiche attive. I soggetti maggiormente colpiti sono giovani e donne.
Altro dato da analizzare attentamente è il tasso di occupazione femminile che presenta il dato peggiore tra i paese europei, Italia 57% – Germania 75% – Svezia 81%. Se poi vediamo che nella classe di età tra i 25 – 49 anni risultano occupate solamente il 53% delle donne con figli in età pre scolare, allora vediamo l’annoso difetto del nostro sistema lavoro, ovvero la perdurante assenza di misure di conciliazione tra l’attività lavorativa e la cura della vita domestica.
Sempre al secondo trimestre 2020 il tasso di occupazione degli uomini è al 66,6%. Il settore delle libere professioni e dei lavoratori indipendenti è in grossa sofferenza con una perdita di 167.000 unità tra i mesi di gennaio – luglio 2020. Se a questi dati aggiungiamo denatalità, invecchiamento demografico e flessione della popolazione, il quadro risulta ancor più serio. La forte denatalità per effetto della recessione causata dalla pandemia farà sprofondare l’Italia sotto la soglia dei 400.000 nati, dato peggiore dal 1861, confermando il preoccupante fatto che la popolazione italiana si sta riducendo.
L’invecchiamento demografico metterà alla prova la sostenibilità della spesa previdenziale. Questo quadro molto chiaro e tristemente reale, mi spinge a guardare in direzione della politica, al nostro governo, quali sono i progetti, i nuovi pilastri sui quali si baserà la nostra ripresa? Purtroppo, come negli ultimi decenni, risulta dagli articoli dei giornali soprattutto la forte conflittualità tra i partiti politici, anche se sono insieme al governo o all’opposizione.
Mi vengono agli occhi titoli di quotidiani nazionali sugli scontri che si sono aperti all’interno del M5S, alle strategie di sopravvivenza di alcuni partiti minori oggi comunque in maggioranza, così come nei partiti all’opposizione sembra mancare la coesione più che per la gestione del paese sul reclamare il proprio ruolo principale di futuro leader del paese. Confusione e pericolosi ritardi sulle strategie da attivare per utilizzare i vitali finanziamenti che arriveranno da Recovery Fund e MES, ritardi che potrebbero ridurre se non compromettere i finanziamenti stessi.
E mentre loro litigano come accade nei peggiori condomini, la società è spaventata, ha paura. Ma ha paura non tanto per il virus, questa fase la stiamo superando grazie alla nostra capacità di reazione. La paura risiede nei ricordi, nella testa degli Italiani, a prescindere dall’ideologia politica. Si perché di sacrifici in nome della ripresa economica gli Italiani ne hanno fatti tanti ma senza che le cose siano mai fondamentalmente cambiate.
Oggi questa paura è rappresentata anche da un incremento della cosiddetta liquidità precauzionale, ossia, 41,6 miliardi di depositi non vincolati , sottratti ai circuiti dell’economia reale. La paura è anche rappresentata da una profonda frattura sociale divisa tra “garantiti” e “non garantiti”.
Tra i primi 3,2 milioni di garantiti assoluti, i dipendenti pubblici che non hanno avuto decurtazione del reddito mantenendo di fatto il loro potere d’acquisto e 16 milioni di percettori di pensione, questi ultimi però, spesso chiamati a recitare il ruolo di ammortizzatore sociale familiare. Tra i non garantiti, gli addetti del settore privato, più colpito nelle piccole imprese 54% rispetto agli occupati delle grandi imprese 28% , i lavoratori a tempo determinato e le partite iva.
Oggi la politica, per tranquillizzare gli Italiani dovrebbe essere espressione di progettualità. Dovrebbe essere espressione di una classe dirigenziale responsabile, in grado di trasmettere al paese la serenità di chi sa cosa succederà domani. Dovrebbe capire i più anziani presi dalla paura di restare emarginati in un paese che corre verso una rapida digitalizzazione.
Ma lascio i condizionali e pensando a cosa sta facendo oggi la nostra classe politica, vedo ancora un grande e popolatissimo condominio dove tutti si sentono amministratori e dove le famiglie, siano giovani o coniugati di lunga data, continuano a litigare.
Nei loro rari momenti di pace , interverranno nel tentativo maldestro di riparare il nostro paese con le solite misure, altri bonus, incentivi o ristori, facendo crollare la debole fiducia del cittadino nelle istituzioni, lasciano l’immagine dell’ennesimo inutile sacrificio.