Da un frammento di uno scritto di Giovenale spuntato durante gli scavi sul Colle del Quirinale alla ricerca di costruttori: “La campagna elettorale per l’elezione del nuovo console era stata combattutissima. Quello in carica, l’Etrusco, osteggiato su più fronti, era accusato di voler abbattere le regole della democrazia repubblicana. Fra I suoi avversari. Il più aggressivo era Mateus, praetor, gallus “Padanus” che sognava l’imperium e inveiva, in ogni incontro, contro i Germani, i Franchi i Britannici che, diceva,
volessero affossare la civitas.
Otteneva gran consenso quando proponeva l’immunes (chi non poteva plaudire all’esenzione dalle tasse?) e il vallo contro gli sbarchi dal limes africano.
L’altro contendente era Maius Minor, tribuno della plebe, originario dell’agro campano. Aveva un altro stile: se la prendeva con i senatori che voleva sottoporre al volere del popolo, ridurne di numero, cancellarne i privilegi ma il suo piatto forte erano le promesse: sesterzi, giochi, bevande e cibo, spettacoli nel circo.
Nessuno dei due vinse ma non potevano lasciare la carica all’Etrusco e ai suoi amici che erano stati battuti nei comizi. Pensarono che la scelta più opportuna fosse un “advocatus” magari del popolo, spuntato dal nulla, meglio se oratore di nebulosa vaghezza.
E così fu il tempo del Console che arrivava dalla Regio di Apulia e verrà ricordato per il suo vestire sobrio ma elegante, impeccabile nel taglio dei capelli e con il vezzo di un fazzolettino bianco che esibiva ovunque. Iniziò così il suo periodo; visse e sopravvisse più volte, alleandosi, alternativamente, con tutti, popolari e aristocratici, ricchi e poveri, democratici e anche non, facendo diventare la vaporosità del pensiero lo stile del governo repubblicano.
Il Cisalpino cominciò a non sopportarlo e dopo una gran bevuta in una taverna sul Mare Adriatico, inneggiato dai suoi legionari lanciò al Console in carica il guanto di sfida. Lo aveva sottovalutato; di fronte a tutti i senatori riuniti, il Console, detto “conte” per un gioco di parole che faceva sbellicare la plebe che lo identificò con il “tecum” (con te) che citava sempre per farsi sentire in sintonia con le moltitudini, gli posò la mano sulla spalla e, con un gesto di plateale superiorità, declamò “usque tandem…abutere patientia nostra”.
Giovenale ricorda nel suo scritto, che non fu Cicerone a pronunciarla ma il Console per il quale la misura era colma e la pazienza aveva superato ogni limite. A quel punto l’Etrusco, furbo e veloce, capì che poteva rientrare in gioco e convinse i suoi ad una giravolta davanti ai Senatori plaudenti. Ma anche per lui il tempo fu breve.
Provò a dire al Console: perché non parli? Di qualche cosa? Per tutta risposta le sue vestali si trovarono fuori dal tempio e il Console salì davanti la spianata dove si onorava la divinità della saggezza e arringò il popolo: venite a me responsabili, venite a me
costruttori, venite a me persone di buon senso.
Qualcuno accorse, qualcun altro incespicò e fece marcia indietro, ci fu anche chi fu mandato facendo finta di essere una new entry nel gruppo. Dietro al colonnato pretori e tribuni, edili e questori, editores, che avevano negli occhi il luccichio del gran bottino arrivato dalle terre dell’impero, suggerivano ai clientes della civitas e ai concilia plebis: gridate in coro ai senatori “animus, animus, salvate il console!” e lo scrivevano sulle loro tabulas.
Giovenale non racconta come andò a finire. L’Urbe era colpita da un morbo arrivato da Oriente: epidemia, economia e potere si
intrecciavano. Ma il “conte” guardava l’orizzonte, ammiccava a tanti ma ammirava solo sé stesso e sembrava dicesse “sono ancora qua, amici, miei sostenitori. Ci sono e ci sarò, cosa volete di più?”.
Il frammento di Giovenale ha una conclusione curiosa. Non si sa perché cita Orazio. “hunc neque dira venena nec hosticus auferet ensis nec laterium dolor……garrulus hunc quando consumet cumque” (traduzione: non sarà il perfido veleno né la spada nemica….alla fine sarà ……. a farlo cadere).
Ci sono dubbi sulla traduzione più appropriata della parola garrulus che va inserita nei “puntini”: per qualcuno si tratterebbe di una persona loquace e quindi più affabulatrice di lui, ma c’è anche chi sostiene che il termine potrebbe voler dire pettegolo, chiacchierone, linguacciuto e allora, in questo caso, sarebbero i rumors del foro a fare la loro vittima).
Roma è sempre stata una città di misteri.