Al momento stai visualizzando Mano nella mano Pahor e Mattarella: un messaggio di “Pace – Mir”
Le mani unite di Mattarella e Pahor

Mano nella mano Pahor e Mattarella: un messaggio di “Pace – Mir”

Pahor e Mattarella mano nella mano davanti alla Foiba di Basovizza (Trieste) e al monumento ai fucilati del Tigr. Lo scatto sulle prime pagine dei quotidiani che diventa l’emblema del 13 luglio.

Un simbolo che diventa senso. Perché stringersi la mano, fianco a fianco è un gesto che va oltre il cerimoniale, supera la formalità del momento e diventa immediatamente comprensibile a tutti – sloveni e italiani, fautori della riconciliazione e critici, favorevoli e contrari all’omaggio ai cippi – perché trasforma la solennità del momento in semplice umanità. L’altrove banale stretta di mano diventa atto di coraggio. Condivisione che zittisce le polemiche, incontro che spegne lo scontro.

Certo, forse è un silenzio pacificatore che poi risale di volume in seguito ma dura quel tanto che basta per far riflettere, commuovere, piangere e tracciare di fatto un solco tra il prima e il dopo. Tra il “non è mai stato fatto” e “l’ormai è storia”. Lo scatto, che presto comparirà nel centro documentale della Foiba di Basovizza, dovrebbe comparire nel libri di storia a chiusa finale della narrazione sulla storia del confine orientale. Quel giorno in cui per la prima volta un Presidente di una Repubblica dell’ex Jugoslavia rese omaggio ai martiri delle Foibe. Quel 13 luglio 2020.

Quella foto che attrae didatticamente l’attenzione, perché la stretta di mano è il primo gesto istintivo di due bambini che diventano amici. Ecco perché si tratta di un simbolo universale. Dopo decenni di urla, polemiche e divisioni esiste finalmente un’istantanea che possiamo mostrare, condividere e incorniciare sicuri che anche i più piccoli possono intuirne il senso più semplice e puro: Pace, Mir.

Lascia un commento