Al momento stai visualizzando Migranti ai confini: non arrivano i rinforzi e non servono i militari. Parola di poliziotto
Laura Buccarella di Telequattro inviata al confine

Migranti ai confini: non arrivano i rinforzi e non servono i militari. Parola di poliziotto

Si sente spesso parlare di un incremento di militari sul confine orientale pensando che questa operazione possa risolvere o lenire il problema della migrazione via rotta Balcanica, ma c’è bisogno di fare un po’ di chiarezza.

Sul confine con un paese comunitario, in questo caso la Slovenia, ma vale anche per gli altri paesi membri dell’UE confinanti, non si possono schierare forze militari in base agli accordi stipulati nella stessa UE, si possono utilizzare uomini dell’Esercito, solo ed esclusivamente per controlli coordinati e congiunti con le forze dell’ordine e comunque a seguito di progetti di controllo saltuario e mobile come per esempio il progetto Strade Sicure in uso in Italia.

La problematica principale è che questo tipo di attività serve solamente per coadiuvare la vigilanza sui rintracciati e non risolve il problema dello smaltimento delle pratiche che rimane di pertinenza dei pochi operatori di Polizia disponibili in questa emergenza migratoria sul territorio di Trieste. Pertanto, l’aumento del personale militare, non risolve il problema e nemmeno lo tampona, lo rende solo meno gravoso esclusivamente per quanto riguarda la vigilanza degli stessi clandestini una volta fermati e trasportati nei centri di identificazione.

Stessa cosa riguarda l’innalzamento di barriere che sono vietate dalle regole europee vigenti anche se è vero che la Slovenia in questi mesi ne ha largamente fatto uso sulle strade secondarie di confine ma si è vista bene di utilizzarle sui valichi principali. Il problema vero è proprio è molto semplice, si deve intervenire su altri fattori, quali l’aumento del personale nella polizia di frontiera, che attualmente conta al massimo 2 pattuglie, insufficienti per controllare un territorio di 54 km di confine, la installazione di uno hot spot per una veloce identificazione dei migranti e un intervento diplomatico per sveltire le pratiche di respingimento verso la Slovenia.

Una “invasione” con una massa di gente così numerosa non si ferma né con muri di mattoni né con catene umane di militari, si ferma con la politica e le strategie giuste.

Sappiamo che la Slovenia fa orecchie da mercante e accetta solo una minima parte di respingimenti, perché, a fronte degli accordi Italia- Slovenia, bisogna trovare addosso ai migranti prove concrete che siano passati dallo stato confinante (forse secondo i nostri vicini sloveni i migranti sono tutti aviatori provetti che riescono ad atterrare nei nostri boschi) cosa quasi impossibile in quanto gli stessi migranti, ben istruiti, si cambiano il vestiario lasciando le tracce di ogni passaggio negli Stati vicini abbandonando il vestiario nei boschi appena varcata la linea di confine italiana.

È ora di portare il caso all’UE e mobilitare la stessa a trovare accordi che costringano lo stato sloveno, primo difensore frontiera Scenghen, a dirigere da solo tutto il sistema migratorio, magari con l’ausilio e la redistribuzione europea come avviene già in Italia con la rotta mediterranea!

Edoardo Alessio, segretario Fsp polizia di stato Trieste

Lascia un commento