Al momento stai visualizzando Narcisisti su Marte che se ne fregano di George Floyd
Una delle statue abbattute dai manifestanti

Narcisisti su Marte che se ne fregano di George Floyd

George Floyd era un uomo forte con “muscoli da puma”, per dirla con le parole di Edward Bunker. Da quello che ne sappiamo non era un santo, piuttosto uno di quelli che se te lo ritrovi a bazzicare sotto casa hai pronto il cellulare in mano per chiamare la polizia. Sì, perché gli uomini come il sig. Floyd incutono paura, anche in quelle persone che scrivono “ACAB” sui muri o sulle loro bacheche social.

Quando capitano delle vicende orribili come questa, indignarsi è il minimo sindacale. La speranza è che la sua morte serva affinché questo genere di cose non accada mai più, ma sappiamo benissimo che così non sarà. L’elemento cardine di questa storia è la violenza, e la storia ci insegna che essa può essere vinta soltanto applicando una giusta giustizia. I telegiornali americani mandano in onda incessantemente servizi sul fenomeno “Black Lives Matter” e ci si ritrova a dover assistere a quelle tristi scene di devastazione. Queste rendono giustizia per l’accaduto? Io credo di no. I canti gospel e le lacrime di un funerale riescono a penetrare nell’animo umano, anche in quello più duro; ma la violenza e la prepotenza vandalica attivano ed attirano soltanto l’odio e la vendetta.

Noi europei non possiamo comprendere quale sia effettivamente la vita di un afroamericano negli Stati Uniti. La terra americana, dal Canada fino all’Argentina, è intrisa dal sangue dei nativi che sono stati conquistati e, anche se non ci sono state guerre mondiali, si familiarizza con le armi fin da bambini. Spesso la corsa all’acquisto di una pistola è vista come una cosa normale, viene persino regalata a Natale. No, noi non possiamo comprenderli. Possiamo semmai soltanto formarci la nostra personalissima opinione ben sapendo che essa sarà stata plasmata non solo da ciò che i mass media vogliono farci arrivare ma anche dalla nostra ideologia. Nessuno di noi comuni mortali possiede la verità in tasca.

Come era prevedibile, questa triste vicenda è stata usata in modo strumentale dai soliti noti, anche qui da noi. Da quando il sig. Floyd è stato ucciso abbiamo assistito a delle manifestazioni veramente imbarazzanti: statue imbrattate o distrutte, politici italiani che si inginocchiano in Parlamento con la faccia triste e concentrata d’ordinanza, supermercati che ritirano i cioccolatini “razzisti”, haters che si scatenano sui social contro un cantante di colore reo di essersi emozionato durante l’inno di Mameli
mentre alzava il pugno in stile “black panther”. Ma noi italiani non siamo i soli in questo bailamme: una multinazionale francese ritira dal mercato i prodotti che sbiancano i denti perché usare il termine “bianco” potrebbe urtare la sensibilità di…di chi?

Oppure ci sono i tweet illuminanti della professoressa di origini asiatiche dell’Università di Cambridge, quella che ci tiene a ribadire che la vita dei bianchi non conta (“I’ll say again. White Lives Don’t Matter.”) incassando il pieno sostegno del Magnifico Rettore. Ricordo che parliamo della stessa nobile università del nostro compianto Giulio Regeni. D’altronde, come direbbe la professoressa: “White Lives Don’t Matter”. E’ lapalissiano che dell’uomo “nero“ morto in strada soffocato dalla pressione di un ginocchio, in realtà non gliene importa niente a nessuno. Quello che è veramente importante per i nostri manifestanti, così equi e solidali, è la posta in gioco: la reputazione.

Non mi permetto di giudicare ciò che sta accadendo in America perché non avendo mai vissuto in quel tessuto sociale, non ho la
conoscenza diretta per farlo o per formarmi un’opinione veramente mia. Possiamo però immaginare ciò che muove questi movimenti nostrani: in essi troviamo sempre un manifestazione esagerata del proprio senso di colpa per vicende di cui i protagonisti non hanno nessuna responsabilità. Ciò provoca in loro non solo un viscerale risentimento nei confronti di un simbolo fatto a nemico, ma soprattutto dà il via a quella sensazione d’esser migliori, più belli, più sensibili, più attenti… Per chi
non l’avesse ancora capito, stiamo parlando di narcisismo vero e proprio.

La società attuale, così alienante e competitiva, ha reso questo particolare tipo d’uomo moderno un Narciso a tempo pieno costretto a specchiarsi nella boria delle sue opinioni. Un fan di sé stesso che non perde l’occasione di aggredire i suoi competitors, cioè quegli “altri“che gli rubano il posto dinnanzi allo specchio. Narciso così può permettersi di distruggere, di imbrattare, può dare del razzista a destra e a manca, sentendosi superiore alla massa ignorante, gretta e meschina. Ma soprattutto continua a fregarsene dell’uomo soffocato dal ginocchio del poliziotto. Senza queste vicende, Narciso arrancherebbe, rimarrebbe nell’ombra, soffrirebbe, perché è di queste che si nutre.

Ciò che conta veramente è esserci, far parte di qualcosa e forse un giorno finire in qualche modo nei libri di Storia. La funzione del mito è puramente educativa e quello di Narciso ci racconta come egli abbia perso la vita specchiandosi. E’ morto in solitudine nell’illusione d’essere amato da un amore impossibile. Il Narciso moderno si ama alla follia, e, come l’originale, rischia la sua vita, il suo lavoro, le sue relazioni pur di alimentare tale illusione. Le attenzioni che cerca sono impossibili da ottenere nella realtà, sono dei “buchi neri” che colmare non si può. Egli proietta nel poliziotto o nel potente di turno, tutto quell’odio verso l’autorità che si è iniziato a creare fin dalla più tenera età, quando l’autorità era rappresentata da un padre spesso assente, ingiusto, violento, anaffettivo, o semplicemente disinteressato. Le sue azioni di protesta, quando sono genuine e non soltanto una patetica opera di marketing, sono l’unico modo che conosce per sanare l’antica ferita che purtroppo però non cicatrizzerà mai.

Il linguaggio narcisista è pregno di risentimento e fa riferimenti continui alla morte, e frasi come: “Meritiamo l’estinzione!” sono solo dei timidi esempi che possiamo sentire quotidianamente. No, mio caro Narciso, io non merito l’estinzione. E nemmeno i miei simili la meritano. Non mi immolerò alla tua causa, non sarò il tuo specchio. Non è con la violenza che ne usciremo, e nemmeno con la spocchia. I filosofi greci ci hanno avvertito: l’essere umano ha bisogno di uguaglianza, di rispetto e di giustizia, senza di questi elementi la fine è già segnata.

Lascia un commento