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Alexander Yakovlev
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Niente bandiere di partito tra identità di genere e libertà

La società cambia e con lei cambiano moda, musica, pensieri e modi di essere, ma tutto diventa difficile quando il cambiamento diventa diversità.

Sul finire del 1700 si incominciava a trattare giuridicamente i diritti delle donne, che però hanno dovuto costituire il movimento del femminismo per rivendicare pari diritti.

Sembra impossibile ma per le donne ci vorranno quasi 250 anni per ottenere la possibilità di manifestare la propria volontà attraverso il diritto di voto.

E’ del 1966 il patto ONU sui diritti civili e politici, il quale attribuisce la libertà di avere una propria vita culturale, di praticare la propria religione e di usare la propria lingua a minoranze etniche e religiose.

Ma si può affermare senza pericolo di smentita, che ancora oggi questa libertà è spesso mortificata in diversità. Ma queste diversità rientrano nel diritto dell’autodeterminazione individuale, ovvero il diritto di avere un identità personale.
Sembra si stia parlando di anticonformismo, invece stiamo parlando di diritti fondamentali della persona, il diritto di essere diversi tra noi.

Un conflitto socio culturale dove l’innato egocentrismo che caratterizza l’essere umano, entra in conflitto con un sistema che governa i singoli come valore di una comunità.
Ma nel XXI secolo la società moderna partorisce altre diversità che diversità non sono.

Orientamento sessuale, identità di genere e disabilità chiedono soccorso alla legge per non subire discriminazioni e violenze.
Esempio recente è il ddl Zan, presentato per correggere queste lacune giuridiche e finito per diventare uno strumento di propaganda politica.

Su questo argomento ho posto alcune domande all’Avvocato Alexander Yakovlev del Foro di Trieste.

– Avvocato, tanto clamore su questo disegno di legge, dibattito giuridico o strumentalizzazione politica?

Bisogna innanzitutto prendere atto che le legge in generale interviene in seconda battuta, tardivamente e quando cioè un certo fenomeno sociale si è già manifestato. Normalmente regola un’esigenza, un bisogno già esistente, anche se non diffuso.

Credo che la politica debba governare il cambiamento e non indirizzarlo per ragioni di bandiera.

La tutela delle minoranze non dovrebbe avere colore politico, ma solo l’obiettivo di stabilire degli equilibri nella nostra comunità nazionale.

– La legge parla di diritti fondamentali della persona, può farci capire dove si inserisce il ddl ZAN?

La direzione dell’iniziativa non è nuova.
Il ddl ZAN ha l’obiettivo di ampliare le tutele dei diritti della persona. Si pensi a quanto già  disciplinato in materia di unioni civili o sulla rettificazione di attribuzione del sesso, tanto per menzionare tra le più recenti.

Dal mio punto di vista, la politica dovrebbe prendersi cura di riconoscere i fenomeni sociali e di intervenire per rafforzare i diritti della persona al fine di generare un condizionamento positivo degli equilibri della collettività.
Questa dovrebbe almeno essere l’ispirazione!

Il capodelegazione degli europarlamentari di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza in un suo recente intervento ha detto: “Legge liberticida: chi decide i confini della discriminazione?”

Fermo restando che fare propaganda ideologica, come ad esempio per affermare che la famiglia è solo quella tradizionale, resterà sempre un comportamento legittimo e tutelato dall’ordinamento, quel che non potrà essere tollerato, qualora si giungesse ad un legge, è istigare a commettere o addirittura commettere, atti discriminatori o violenti per ragioni di sesso, genere, orientamento sessuale, identità di genere e disabilità.

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