Suonava come una chiamata alle armi, forse un ritorno alla timbratura del cartellino anti-fannulloni. E invece secondo me il sindaco di Milano Giuseppe Sala tutti i torti non ha. Da bravo manager e da sindaco-leader sa bene qual è il rischio del dopo Covid-19, quella rassicurante copertina di certezze adagiata su tutti coloro che hanno avuto la fortuna di continuare a lavorare, da casa.
Il famigerato smart working e il rischio della sindrome della caverna. Ma andiamo per ordine e intendiamoci subito: il periodo di chiusure forzate per molti ha fatto rima con “lavori forzati”. Esageriamo, certo, ma tra coloro che hanno avuto la benedizione di mantenere il posto di lavoro, ci si è spostati dalla scrivania dello studio, impresa o Ente pubblico al divano di casa.
E non per tutti è stata una fortuna, tralasciando magari le storture di alcuni dipendenti pubblici che alla endemica scarsa verve, hanno aggiunto la giustificazione del frigorifero a portata di mano. Evitiamo, insomma, di cadere nei luoghi comuni. Ma molti, soprattutto nelle imprese, si sono visti scalare giorni di ferie benchè pattuiti, firmare giorni di cassa integrazione mutuando il tempo pieno sul luogo di lavoro in quello che di fatto era un tempo pieno, ma a casa. E spesso con sovra orari.
Cioè: l’azienda ti metteva in cassa per alcuni giorni ma di fatto lavoravi tutta la settimana. E con pc sulle gambe, dal divano di casa la reperibilità per i lavoratori più seri e indefessi si è tramutato in un lockdown di orari sballati. C’era perfino chi, via Skype o sistemi interni rapidamente “accasati”, viveva di fatto sotto costante sorveglianza. In collegamento con propri superiori e colleghi perchè la produttività fosse perennemente sotto test.
Eppure. Eppure sì, un ulteriore rischio ora c’è. Chi di noi si sente di alzare la mano e ammettere che comunque quel guscio ci è piaciuto? Nonostante l’appartamento piccolo, i figli che scorrazzano e le liti a distanza con i vicini, oggi un pò di noi si sente un pò più tartaruga. Rassicurato da quel microcosmo che ci consentiva fattivamente di lasciare al di fuori ogni pericolo.
Ecco, la sindrome della caverna è qualcosa di reale e concreto nelle teste di ognuno di noi. Forse perfino nei comportamenti, dato che i ristornati non hanno vissuto quel boom da boccata d’aria di normalità che si sperava. Preferiamo restare nel nostro guscio, con timore di tornare ad affrontare la vita e giustificando un calo di produttività.
Il rischio c’è e secondo me il sindaco di Milano Giuseppe Sala una parte di ragione ce l’ha.