Cara Gianna,
se tu sapessi cosa passa un poliziotto, cosa vive, cosa pensa. Se tu sapessi cosa sente in testa, quando la paura viene spinta un po’ più in là dal dovere, quando a velocità incredibile attraversi quartieri interi, come in una gara dove in palio non c’è una coppa, ma la vita di qualcuno.
Sapessi tu cosa ci corre in testa mentre la sirena dentro l’abitacolo non si sente più per la troppa velocità, quale innaturale silenzio sopra il caos che passando si crea, quali discorsi muti tra gli sguardi lampo col collega, quale posta in gioco c’è, con quale consapevolezza si convive.
Sapessi tu cosa significa dire determinati “no” ai nostri figli, perché tutto questo sacrificio non paga poi molto. Non sentirsi abbastanza, né saper dare di più. Sapessi tu cosa c’è negli occhi delle nostre mogli, quando una telefonata interrompe una cena, accorcia una vacanza o rimanda programmi.
Noi, figli e padri, sogni di qualcuno che ancora sta dalla parte del bene. Sapessi tu quale sospiro anticipa un sonno fragile di chi in un letto vuoto a metà ci attende. Noi, puliti tra i lerci, costretti a raschiare il fondo nella vasca più sporca del mondo. Sapessi tu, con quale fiducia contiamo sulle preghiere di chi ci ama.
Sapessi tu, quante volte stringiamo persone distrutte, e quante invece torniamo distrutti noi per aver visto oltre il troppo. Si dice che del maiale non si butta niente, bè, neanche del poliziotto, noi diamo tutto noi stessi, anche oltre il richiesto, oltre l’accettabile, anche per chi nulla merita quindi, stai serena, quando avrai bisogno, arriveremo in un attimo ma, ti prego, dopo non ringraziare, il tuo grazie non ci serve
Un agente scelto della polizia di Trieste