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Caterina de Gavardo

Una mamma in zona rossa: “Da genitori a tiranni. Ora pensiamo ai giovani”

Ma perché nessuno pensa ai giovani?
Viviamo in un paese strano, l’Italia. Un paese meraviglioso ma pieno di contraddizioni. Siamo di certo un popolo fortunato, ricco di natura e cultura, un popolo ingegnoso, pieno di risorse ma che non sa e forse non vuole, pensare al futuro, alle prossime generazioni. Vive egoisticamente solo il presente.

L’Italia è ormai da decenni in pesante crisi demografica ed educativa, con una scuola dalle buone basi ma da “rivedere” a settembre. L’Italia è una nazione dove, per i giovani, la massima aspirazione è andare all’estero a studiare, a lavorare e a metter su casa. Che peccato!

Un vero peccato per noi adulti non potersi cullare nell’idea che i nostri figli abbiano una preparazione culturale di livello superiore ad altri paesi europei, puntino a fare l’università in Italia e a lavorare qui, dando lustro al nostro paese. Oppure vogliano una famiglia numerosa e magari la possibilità di iscrivere i bambini ad un asilo nido. Un vero peccato che i ragazzi non possano pensare di realizzare i loro desideri di vita, qualunque essi siano, in Italia.

La nostra è una nazione dove la priorità, evidentemente, non è il futuro. Dove uno strano egoismo sovrasta l’altruismo che dovrebbe spingere noi adulti a favorire, lasciare il passo, aiutare i giovani ad emergere. Parto da qua, l’ho presa un po’ alla larga, per arrivare ai miei figli e alla loro vita, al tempo del Covid.

L’Italia ha affrontato la pandemia mettendo i ragazzi da subito dietro le quinte, come era scontato che avrebbe fatto, perché forse non sa prendersi cura di loro come si fa con la più preziosa delle risorse. I giovani sono stati considerati parte integrante del problema, come se l’affollamento dei mezzi pubblici non fosse causato da una cattiva organizzazione dei trasporti ma dalla scuola e dall’università. I ragazzi e la loro vita sono diventati essi stessi causa dell’emergenza.

E quindi via con l’ormai famosa “didattica a distanza” e stop a sport e socializzazione. Un lunghissimo anno chiusi in casa. Soli ma collegati in rete, senza fare fatica fisica e mentale, senza confronti e senza risate, senza sconfitte e senza successi, senza ostacoli da superare, completamente protetti, dal Coronavirus e dal mondo, alternando il PC al tablet, il telefono alla TV.

A farne le spese è stata anche la “famiglia”, intesa come punto di riferimento. Nel giro di una notte, Covid e lockdown hanno trasformato i genitori da guida a tiranni, colpevoli, nella mente dei figli, di una convivenza forzata h24 non sana e spesso difficile.

I ragazzi, già parte di un “sistema Italia”, non proprio favorevole alla loro crescita, impossibilitati ad affrontare quelle sfide che caratterizzano la loro età, privati di stimoli e di traguardi da raggiungere, si sono ritrovati nel 2021 più insicuri, più pigri, più stressati, più poveri emotivamente e più deboli.

Ma se cambiassimo rotta? Dovremmo iniziare a pensare alle nuove generazioni e al loro ma automaticamente nostro, futuro. Dovremmo lavorare per tutelare, crescere, valorizzare le nostre giovani e preziose risorse umane. E se utilizzassimo il Recovery Fund, onorandone il nome (Next GenerationEU)?

Dovremmo programmare investimenti capaci di favorire i giovani, la loro istruzione, il loro lavoro, il benessere nel medio-lungo periodo, ricordandoci sempre che il medico che si occuperà di noi tra qualche anno… avrà studiato, socializzato, vissuto “a distanza” oggi.

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