Ma perché nessuno pensa ai giovani?
Viviamo in un paese strano, l’Italia. Un paese meraviglioso ma pieno di contraddizioni. Siamo di certo un popolo fortunato, ricco di natura e cultura, un popolo ingegnoso, pieno di risorse ma che non sa e forse non vuole, pensare al futuro, alle prossime generazioni. Vive egoisticamente solo il presente.
L’Italia è ormai da decenni in pesante crisi demografica ed educativa, con una scuola dalle buone basi ma da “rivedere” a settembre. L’Italia è una nazione dove, per i giovani, la massima aspirazione è andare all’estero a studiare, a lavorare e a metter su casa. Che peccato!
Un vero peccato per noi adulti non potersi cullare nell’idea che i nostri figli abbiano una preparazione culturale di livello superiore ad altri paesi europei, puntino a fare l’università in Italia e a lavorare qui, dando lustro al nostro paese. Oppure vogliano una famiglia numerosa e magari la possibilità di iscrivere i bambini ad un asilo nido. Un vero peccato che i ragazzi non possano pensare di realizzare i loro desideri di vita, qualunque essi siano, in Italia.
La nostra è una nazione dove la priorità, evidentemente, non è il futuro. Dove uno strano egoismo sovrasta l’altruismo che dovrebbe spingere noi adulti a favorire, lasciare il passo, aiutare i giovani ad emergere. Parto da qua, l’ho presa un po’ alla larga, per arrivare ai miei figli e alla loro vita, al tempo del Covid.
L’Italia ha affrontato la pandemia mettendo i ragazzi da subito dietro le quinte, come era scontato che avrebbe fatto, perché forse non sa prendersi cura di loro come si fa con la più preziosa delle risorse. I giovani sono stati considerati parte integrante del problema, come se l’affollamento dei mezzi pubblici non fosse causato da una cattiva organizzazione dei trasporti ma dalla scuola e dall’università. I ragazzi e la loro vita sono diventati essi stessi causa dell’emergenza.
E quindi via con l’ormai famosa “didattica a distanza” e stop a sport e socializzazione. Un lunghissimo anno chiusi in casa. Soli ma collegati in rete, senza fare fatica fisica e mentale, senza confronti e senza risate, senza sconfitte e senza successi, senza ostacoli da superare, completamente protetti, dal Coronavirus e dal mondo, alternando il PC al tablet, il telefono alla TV.
A farne le spese è stata anche la “famiglia”, intesa come punto di riferimento. Nel giro di una notte, Covid e lockdown hanno trasformato i genitori da guida a tiranni, colpevoli, nella mente dei figli, di una convivenza forzata h24 non sana e spesso difficile.
I ragazzi, già parte di un “sistema Italia”, non proprio favorevole alla loro crescita, impossibilitati ad affrontare quelle sfide che caratterizzano la loro età, privati di stimoli e di traguardi da raggiungere, si sono ritrovati nel 2021 più insicuri, più pigri, più stressati, più poveri emotivamente e più deboli.
Ma se cambiassimo rotta? Dovremmo iniziare a pensare alle nuove generazioni e al loro ma automaticamente nostro, futuro. Dovremmo lavorare per tutelare, crescere, valorizzare le nostre giovani e preziose risorse umane. E se utilizzassimo il Recovery Fund, onorandone il nome (Next GenerationEU)?
Dovremmo programmare investimenti capaci di favorire i giovani, la loro istruzione, il loro lavoro, il benessere nel medio-lungo periodo, ricordandoci sempre che il medico che si occuperà di noi tra qualche anno… avrà studiato, socializzato, vissuto “a distanza” oggi.